venerdì 21 ottobre 2016

Un Arlecchino reduce dalla campagna di Russia apre la stagione del Teatro San Babila


 

 

Apre la stagione del Teatro San Babila Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, con la regia e drammaturgia di Carlo Boso,  uno degli attori della celebre edizione di Giorgio Strehler.


Nella produzione della Compagnia Cantina Rablé, dal 25 al 30 ottobre, sono in scena David Anzalone (Arlecchino), Francesca Berardi (Jessica), Marco Chiarabini (Brasco), Erika Giacalone (Beatrice Vizzini), Teo Guarini (Onorevole Roma), Andrea Milano (Silvio Roma), Michele Pagliaroni (Lucky Lucania), Arianna Primavera (Clarice Bagnasco) e Guido Targetti (Bagnasco).

La compagnia Cantina Rablé, nata a Senigallia nel 2013 e attiva nella diffusione del teatro popolare italiano, si misura dal 25 ottobre 2016 al San Babila di Milano con una nuova edizione del celebre Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni, con la regia e la drammaturgia di Carlo Boso, esperto della Commedia dell’Arte, che aveva anche recitato nella compagnia dell’Arlecchino di Giorgio Strehler e ora dirige l’Académie Internationale des Arts du Spectacle di Versailles.

Il protagonista è David Anzalone, un Arlecchino, che, reduce dalla campagna di Russia, si ingegna come è nelle caratteristiche della tradizione teatrale, ma vive nell’Italia del dopoguerra, tra mafiosi, politici e imprenditori corrotti.
David Anzalone con ironia e determinazione recita affrontando la sua disabilità e afferma: «ho scelto Arlecchino anche per lavorare sulla tematica di teatro e handicap, per parlare di diversità, utilizzando un classico come Arlecchino; da tempo lavoriamo a questo spettacolo con l’obbiettivo di valorizzare in Italia il teatro popolare, ma abbiamo voluto vedere come si poteva trattare questo testo, ambientandolo in epoca più contemporanea. L’idea del soggetto, che è mia e di Michele Pagliaroni, è nata dall’esigenza di parlare dell’Italia, il nostro paese che amiamo e odiamo nello stesso tempo. Abbiamo così voluto indagare sull’epoca in cui è nata la Repubblica, valorizzando i semi della società in cui anche noi viviamo.  Infatti ambientare Arlecchino nel periodo della ricostruzione post bellica, è finalizzato a descrivere il desiderio di creare un paese diverso, ma per poi scoprire che è purtroppo uguale a tanti altri: infatti Arlecchino è un reduce che torna in Italia e crede che il suo paese sia ora davvero diventato democratico e popolare, invece diviene vittima di nuovi e terribili “padroni”, come la mafia e la corruzione di potenti e politici. Il testo goldoniano è stato totalmente riscritto, dato che cambiano il linguaggio, le motivazioni e per la nostra compagnia è un onore essere diretti da Boso che ha scritto anche la drammaturgia.»
Nello spettacolo, come nella Commedia dell’Arte, viene utilizzato anche il dialetto, ma sottolinea Anzalone: «sul dialetto sussiste spesso un fraintendimento di base, anche Eduardo de Filippo faceva teatro dialettale; infatti il dialetto è una lingua che, oltre ad essere  musicale, deriva direttamente dalla radice del popolo, ma il problema  è che spesso viene usato per contenuti solo comici e di poco conto o viene  relegato nel mondo dilettantistico e folcloristico; la nostra compagnia, con il Centro Teatrale Centro Teatrale Senigalliese, invece è  nata proprio come impresa culturale per tenere in vita il teatro popolare ma non folcloristico e vedendo il nostro spettacolo al San Babila ve ne renderete conto.» Ar.C.
 

 

 

 

 

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